lunedì 28 ottobre 2013

COME LA COSCIENZA È PRODOTTA DAL NOSTRO CERVELLO

Per la definizione dello spazio concettuale da cui ritengo che emerga la Coscienza devo fare una premessa "cosmologica" così da poter tentare di dare plausibilità e coerenza a quello che dirò in seguito.

Per questa premessa mi rifaccio allo stato dell'arte nella ricerca delle origini della dimensione in cui esistiamo, e perciò parto dal cosiddetto Big Bang che vede nella successiva Nucleosintesi e nella Ricombinazione l'inizio di tutti i processi evolutivi che a cominciare da quark, elettroni, protoni, atomi, molecole... hanno portato alla formazione degli stati chimici, minerali, biologici e, infine, grazie alla formazione delle strutture biologiche cerebrali, a quelli psichici.
In questo processo, che ha avuto inizio circa 14 miliardi di anni fa, io vedo il percorso "filogenetico" che dall'energia primeva ha portato senza soluzione di continuità all'esistenza degli esseri viventi e infine dell'uomo con la sua mente, ma è importante sottolineare che questo non lo considero un approdo a una condizione stabile e localizzata dell'energia universale, poiché nell'uomo — pena la nostra decadenza dalla condizione di Homo sapiens — devono essere continuamente in attuazione, in modo dinamico e interdipendente, tutti gli stati che precedono la formazione del suo stato psichico e che si sono formati a partire dalla nucleosintesi.
Quindi, in una visione olistico-sistemica, vedo la nostra coscienza come il massimo risultato raggiunto dalla complessità con cui si sono aggregate — per quel che ne sappiamo e su questo pianeta — le forze universali le cui diverse interazioni sono alla base di tutti i "fatti" che siamo in grado di rilevare nella nostra dimensione attraverso i nostri sensi e le nostre protesi tecnologiche.

A questo punto, se accettiamo che la coscienza sia frutto di questo processo evolutivo che è in corso da miliardi di anni (io ritengo senza alcun finalismo e tralasciando ipotesi teologiche), non vedo come si possa pensare ad essa come a un ente indipendente da tutti i fenomeni che ne precedono l'emergenza e collocato in un apparato sostanzialmente a lei estraneo. Per questo penso che, anche se come individui siamo in grado di riconoscere noi stessi e di perseguire la difesa dei confini che ci definiscono nel nostro stato biologico e psicologico locale, non possiamo non tenere conto della nostra interdipendenza con i processi attuativi di tutti gli stati evolutivi che in noi sono presenti contemporaneamente. Stati che, retrocedendo in complessità, divengono sempre meno identificabili e gestibili nel perimetro esclusivo della nostra individualità a causa della loro sempre più diretta connessione con il livello universale dell'energia che si manifesta nei legami atomici o come raggi cosmici, radiazioni, magnetismo, e quant'altro… che non possono non influenzare già a livello quantistico le nostre strutture biologiche cerebrali e quindi la nostra mente.

Date queste premesse, capisco che sostenere che la coscienza sia il prodotto della complessità di tutte queste interazioni che sono riconducibili alla Fisica, possa indurre gli umanisti-spiritualisti ad accusare questa visione di essere meccanicista e scientista, ma oggi questa accusa cade proprio per mano degli stessi scienziati che, dopo la discesa agl'inferi del riduzionismo positivista, proprio grazie ai dati raccolti nei loro esperimenti sono approdati ai principi di "indeterminazione" e "non località" del livello quantistico della realtà, e ora sono costretti a dedurre i comportamenti della cosiddetta materia esclusivamente dalle tracce lasciate sui loro monitor dall'energia. Essi stessi hanno demolito — penso definitivamente — l'apparente determinismo del mondo macroscopico dove sembravano valere solo le leggi galileiane e newtoniane.
Parimenti, da parte degli scientisti più ortodossi ancora legati al pensiero lineare e alle leggi di causa-effetto che si riscontrano solo nei sistemi isolati che indagano, la visione olistico-sistemica che porta alla comparsa della nostra mente viene interpretata come "spiritualista" poiché,  presupponendo il ruolo fondamentale e pervasivo dell'energia in tutti i processi evolutivi, sembra accreditare una tesi teleologica e finalistica che invece non è affatto necessaria se si estende la valenza dei principi darwiniani di "mutazione" e "selezione" alla filogenesi di tutta la realtà.

Assistiamo così al paradosso che neurobiologi che studiano il comportamento delle piante e degli animali, finiscano per addebitare loro un mentalismo umano anziché dedurre dall'indagine della biochimica che sta a monte dei loro comportamenti la genesi dei nostri. Questa impostazione ci dice quanto siano lontani da una visione della natura dove solo il grado di complessità delle loro relazioni interne e esterne determina negli esseri biologici i vari livelli di coscienza di sé e del mondo.

Oggi, grazie alle scoperte delle neuroscienze e al contributo fondamentale delle tecniche di brain imaging, è ormai accertato che l'attività psichica è in stretta relazione con l'attività elettrica e biochimica neuronale che è stata consentita dai processi evolutivi che ho descritto sopra. Partendo da questa posizione, quindi, una volta entrata in funzione la "macchina" psichica che è in grado di interpretare e memorizzare i dati provenienti dagli apparati sensoriali, di seguito cerco di dimostrare con un esempio come la coscienza sia un suo prodotto:

PUNTURA DI SPILLO LA PRIMA VOLTA IN UN NEONATO
• Visione di una entità sconosciuta (una lineetta lucente) > Parte l’impulso neuronale dalla retina
• Tatto dalla parte appuntita > Parte l’impulso neuronale dall’epidermide
> Arrivo degli impulsi nelle aree del cervello dedicate
> Sensazione negativa per lo squilibrio biochimico che gli impulsi procurano allo stato di equilibrio dell’area cerebrale dedicata
> Associazione dello squilibrio biochimico con l'esperienza tattile e visiva acquisita
> Conseguente attribuzione di caratteristiche visive e tattili all'oggetto spillo, associate alle sue potenzialità
> Stabilizzazione di percorsi sinaptici dedicati
> In memoria lo spillo diventa un entità essente di una data dimensione, forma, durezza, colore, lucentezza..., ed è pungente
> Aggiunta di questi dati ad altri che verranno acquisiti, per la costruzione di una rete di percorsi sinaptici che, confermando la CAUSALITÀ dei rapporti tra sé e ciò che esiste fuori di sé, definiscono in modo sempre più ampio e articolato i propri confini esistenziali e la collocazione di quel sé nel mondo.

Con i meccanismi di azione e retroazione tra i circuiti neuronali coinvolti nell’acquisizione e nel deposito di nuovi dati, nel corso dell'esistenza avviene la costruzione di sempre nuove associazioni che richiedono la costituzione di ulteriori percorsi neuronali, da dove potranno poi essere utilizzate come dati in grado di interagire con quelli nuovi in entrata.
Si delinea così, la formazione della “coscienza di sé” come risultato continuamente attuato dalla continua ricerca dell'equilibrio biochimico tra gli effetti mentali che derivano dall'annessione di significato alle connessioni sinaptiche stimolate dai dati in ingresso dai sensi e gli effetti (sempre attualizzati biochimicamente) dei dati registrati nei circuiti neuronali della memoria.
Dalle infinite possibilità di interpolazione — attuata sempre in funzione della definizione e della difesa dei propri confini esistenziali — dei molteplici dati che sono frutto di questo continuo feedback deriverà quello che chiamiamo pensiero con il corollario di quella che chiamiamo coscienza.

Francesco Pelillo

domenica 13 ottobre 2013

QUATTRO DOGMI PER ANNULLARE TUTTI I DOGMI

1) La realtà si attua solo in continuo divenire e nulla è mai dato come ente realizzato.

2) Nel divenire universale emergono i grumi di realtà che nel loro stato locale, meglio rispondono (selezione) ai continui cambiamenti di stato (mutazione) che avvengono nell'ambiente che li determina e che contribuiscono a determinare.

3) Tutti i giudizi di merito su ogni grumo di realtà sono relativi alla posizione e alle caratteristiche dei grumi che lo osservano.

4) Tutto questo avviene a causa della continua Ricerca dell'Equilibrio all'interno dei grumi che deve rispondere in modo frattale sia alla RDE dei grumi che li formano e sia alla RDE dei grumi di realtà che vanno a formare.

Preciso che per "grumi" intendo tutti i "prodotti" della realtà, e cioè: sassi, pensieri, montagne, emozioni, galassie... e così via. Tutti si attuano e rispondono alle regole dettate da questi quattro "dogmi" che però, descrivono una realtà dove non c'è più posto per nessun dogma, e dove, finalmente, grazie alla consapevolezza scientifica dell'interdipendenza di tutto, siamo costretti a tenere conto delle conseguenze degli atti dettati dal nostro libero arbitrio, sia materiali che spirituali, perché tutto ciò che esiste, noi compresi, è costituito alla base da una sola Spiriteria. Per fare questo, dato l'immenso numero di variabili di cui tenere conto, siamo costretti a realizzare la Neurosfera, perché è l'unica struttura in grado di attivare la rete di conoscenze di cui abbiamo bisogno se vogliamo continuare ad esistere come specie e che, quindi, ci offre l'unica possibilità evolutiva.

giovedì 26 settembre 2013

NEUROPOESIA 1 - CHI? -


 CHI?
Potrà mai riconoscere
nel nodo gordiano
dei miei neuroni,
gli infiniti cunicoli bui
e le infinite stanze,
al di là
delle infinite porte
che si aprono alla luce
delle immense pianure,
e monti,
e valli,
e spiagge lucenti
che appaiono dietro
le rocce pungenti
dei miei ricordi?

CHI?
Potrà mai riconoscere
nella danza ionica
delle mie sinapsi,
il ricordo dello schiocco
del ramo spezzato
sotto il tappeto di foglie
croccanti al mio passo?

CHI?
Potrà mai riconoscermi,
se non tu,
nuova corteccia,
cresciuta
sul tronco encefalico
della mia vita?

Francesco Pelillo - 2013

domenica 19 maggio 2013

ASSETTI NEURONALI E PSICHE

Dati i 100 miliardi di neuroni che possediamo alla nascita, e data la loro successiva connessione sinaptica dovuta agli stimoli sensoriali provenienti dall'esperienza esistenziale, ne risulta la formazione di percorsi neuronali che via via, in risposta alle esigenze di sopravvivenza fisica e psichica dell'individuo, finiscono per formare molteplici "Assetti Neuronali" locali che tentano di rispondere ad ognuna di esse.
Queste esigenze, pur essendo di varia natura, sono riconducibili a due sole categorie: esigenze contingenti, che emergono in risposta all'ambiente, e esigenze consolidate, che rispondono alle necessità individuali. Poiché, in vista del raggiungimento dell'equilibrio psico-fisico individuale, la soluzione dei problemi posti da questo dualismo può avvenire nell'unica sede del nostro cervello, ci troviamo di fronte alla necessità di utilizzare sia i suoi assetti neuronali già esistenti (la mente si adegua alla topologia neuronale), e sia di crearne di nuovi (la topologia neuronale si adegua alla mente). Da tutto questo ne deriva la necessità dell'attività incessante che accompagna tutta la nostra esistenza e che, in vista della definizione unitaria della nostra individualità, comporta la continua ricerca di una sintesi nell'oscillazione tra stati che percepiamo come di soddisfazione e di insoddisfazione, ma che sono dovuti al maggiore o minore dispendio energetico necessario al continuo mantenimento dell'equilibrio biochimico cerebrale. In questo quadro, è chiaro che per le proposizioni "soddisfacenti" la tendenza prevalente del sistema sia quella di resistere alla modifica degli assetti neuronali consolidati esistenti, poiché crearne di nuovi implica la distruzione o il ri-orientamento dei collegamenti sinaptici che le rappresentano. Cosa che, a causa del dispendio energetico necessario, viviamo come insoddisfazione. Ma, come si sa, noi siamo un sistema aperto in continuo rapporto psico-fisico con l'ambiente naturale e sociale, e questo comporta la continua acquisizione di dati provenienti dai sistemi che ci circondano. Accade così che alcune proposizioni acquisite, via via si rivelino insoddisfacenti rispetto a nuove situazioni, e che quindi, da un punto di vista biochimico, sia meno dispendioso modificare i percorsi neuronali in cui vengono rappresentate, piuttosto che alimentare la difesa della loro topologia. Ecco così spiegate sia le nostre resistenze che la nostre disponibilità a cambiare opinioni e comportamenti. Prova ne siano le diatribe culturali e scientifiche, che lasciano intatti negli interlocutori quegli assetti che, se modificati sostanzialmente, rimetterebbero in discussione il loro equilibrio generale consolidato nel tempo, fatta salva pero, la disponibilità ad accettare quelle proposizioni dell'altro, che sono portatrici di risposte potenzialmente valide a domande che nei rispettivi assetti neuronali consolidati sono rimaste inevase lasciando situazioni di squilibrio energetico a livello biochimico.
Per chiudere, è bene precisare che quanto anzidetto non toglie nulla alla validità delle antiche intuizioni sui comportamenti umani e all'efficacia delle analisi psicologiche. La ricerca scientifica ci sta solo svelando il loro processi attuativi.
Francesco Pelillo

domenica 10 febbraio 2013

ALL'ORIGINE DELLA SPIRITUALITÀ PER UN ETICA CONSAPEVOLE


"Chiamate, vi prego, il mondo "la valle del fare anima".
Allora scoprirete a che serve il mondo…"
(J. Keats)

L'attuale crisi umana e ambientale che coinvolge l'intero nostro pianeta è sotto gli occhi di tutti anche grazie al fatto che viene analizzata in tutti i suoi aspetti e addebitata a innumerevoli fattori da vari scienziati e umanisti sparsi per il mondo. Naturalmente, le proposte che emergono per la soluzione dei problemi risentono della molteplicità dei punti vista e degli interessi che entrano in gioco determinando, di fatto, la difficoltà di individuare in modo univoco le ragioni che hanno portato all'attuale situazione.
Per cercare di diradare queste difficoltà penso che occorra individuare un nuovo paradigma che veda finalmente l'uomo prendere coscienza dell'interdipendenza di tutti i "fatti" del mondo, così da consentirgli di ridefinire il proprio ruolo e le proprie aspettative con la consapevolezza delle conseguenze globali delle sue scelte.
Dato lo scempio dei valori umani e del pianeta cui stiamo assistendo (e partecipando!), si tratta di affrontare un vero e proprio lavoro di ricostruzione che giustamente, come indica il titolo di questo convegno, dovrebbe partire dalla spiritualità individuale per definire l'etica sociale che dovrebbe ispirare la politica globale.
Ma poiché il problema è antico e, nonostante l'impegno millenario delle menti migliori nella ricerca delle soluzioni, le ingiustizie e le incongruenze che accompagnano la storia dell'umanità fin dal suo inizio caratterizzano ancora la condizione umana, siamo costretti a esplorare le cause del nostro fallimento partendo dall'analisi del metodo che abbiamo utilizzato fin qui. 
La prima evidenza è che la presunzione della natura dualistica del nostro "essere" individuale, che ci vede portatori di inderogabili esigenze sia spirituali che materiali, ha caratterizzato ogni ricerca utile per la nostra evoluzione individuale e sociale.
È vero che questo dualismo ha avuto e ha diverse declinazioni a seconda delle culture e dei tempi che si vogliano prendere in esame, ma volendo fare un bilancio onesto dei risultati, nessuno può affermare che il prevalere dello spiritualismo o del materialismo abbiano portato a condizioni di vita migliori in questo o quel luogo del pianeta. I morti di fame sulle strade di Bombay e il degrado ambientale e morale delle nostre periferie stanno a dimostrare come questo dualismo sia sfociato in una dicotomia che, grazie alla "globalizzazione" delle conoscenze — e quindi delle coscienze — sta rivelando tutta la sua incompatibilità e inadeguatezza per il perseguimento dell'obiettivo di una reale evoluzione complessiva dell'umanità.
Partendo da questi presupposti, non ci resta che percorrere la strada del superamento di questa dicotomia, e per farlo, poiché a nulla sono servite le sole intuizioni dei grandi umanisti che, come tali, si sono prestate alle più aberranti manipolazioni da parte delle strutture di potere, non possiamo che appellarci alla conoscenza scientifica per cercare di oggettivarle e recuperare così una visione unitaria della natura umana e di tutta la realtà.
A me pare che oggi, questo "matrimonio" tra spiritualità e materialità sia reso possibile dallo stato dell'arte nei più svariati campi di indagine: dalla Biologia alla Fisica Quantistica, dall'Evoluzionismo alle Neuroscienze, dall'Astrofisica alla Cosmologia... tutto sembra indicarci un solo percorso evolutivo "filogenetico" universale che, per quanto ne sappiamo, a partire dal cosiddetto Big Bang e dalla successiva nucleosintesi, e passando dalla formazione di atomi, molecole, cellule, organismi… ha trovato nella mente dell'uomo la massima espressione della complessità organizzativa delle forme di energia costitutive dell'universo.
Con l'approdo al Principio di Indeterminazione e alla scoperta dell'Entanglement fra le particelle ondulatorie del livello quantistico di tutta la realtà, sembra esaurita la discesa agli inferi del riduzionismo meccanicista iniziata quattro secoli fa con la separazione dei "fatti" dello spirito da quelli della materia. Quindi, ora possiamo tentare la risalita verso l'uomo e la sua mente con un approccio inverso, che io chiamo "ampliamentista", che partendo dall’abolizione dei concetti di spirito e di materia per come li abbiamo fin qui intesi – dovuta ai dati che ci provengono dalle Neuroscienze e dalla Fisica Quantistica – non può che farci approdare all'unico concetto di "Spiriteria", il solo che possa consentirci di procedere oltre nell'allestimento di un nuovo paradigma.
Infatti, se trasferiamo i dati statistici acquisiti sperimentalmente a scala microscopica — che vedono il "motore" del divenire di tutti gli stati della realtà nella ricerca dell'equilibrio energetico fra ogni stato locale e lo stato successivo che lo contiene — ai livelli superiori della complessità aggregativa degli stati che seguono, fino all'emergere della mente umana, possiamo individuare nell'etica "naturale" che ne governa i processi attuativi il modello per la definizione di una nuova etica sociale universale che non consenta più l'allestimento di etiche contingenti che inevitabilmente si traducono in sopraffazioni giustificate "eticamente" dagli uni e subite dagli altri. In più, tutto questo coinciderebbe anche con la necessità di attribuire il massimo valore estetico all'etica, poiché, nessun prodotto fisico o psichico derivante dal perseguimento dell'equilibrio tra le parti che lo determinano può essere "brutto" e quindi, "ingiusto".
In questo nuovo quadro, se abbandoniamo definitivamente la miope pretesa antropocentrica di applicare le nostre categorie al mondo, e proviamo a partire dalle leggi che regolano i suoi processi attuativi per procedere verso l'uomo, e se quando usiamo parole come, responsabilità, moralità, razionalità, coscienza, valori… cominciamo a chiederci a quali reali esigenze "attuative" individuali corrispondono già a partire dal livello quantistico che vi sottende, forse scopriremo che l'accettazione della naturale "competizione" costruttiva che deriva dalla Ricerca Dell’Equilibrio (RDE) è la premessa indispensabile per smascherare l'insensatezza della "contrapposizione" che non può che sfociare nella "sopraffazione" distruttiva che ancora regola i nostri rapporti con l'ambiente e con tutti gli altri esseri viventi.
Un'ultima cosa che però ritengo indispensabile per poter delineare la nuova etica universale che auspico, è anche la necessità di superare il concetto di spiritualità, sia come dono fatto all'uomo da un qualche dio, che come già posseduta dall'intero universo. Questo perché le due visioni, negando la possibilità che sia il nostro stesso stato biologico a "costruire" la nostra spiritualità, ci impediscono quella visione olistico-sistemica della realtà che è la sola che, rendendoci partecipi della costruzione di quella universale, possa responsabilizzarci "eticamente" nei confronti dell'intero sistema.

Per la costruzione della spiritualità in questo universo, i lavori sono in corso, e noi possiamo dare una mano…


Francesco Pelillo